Dal progetto di iniziativa e
promozione culturale:
CATERINA E SAN PANTALEO
Sulle orme di Leonardo
fanciullo
Dedicato a Renzo Cianchi
Bibliotecario della Leonardiana
SAN PANTALEONE DI VINCI
Il piccolo borgo “ecclesiastico” di San Pantaleo si trova in
Comune di Vinci, Diocesi di San Miniato, dominando la piccola Valle del Vincio,
ricchissima di vigneti e caratterizzata dalla presenza dei caratteristici
salici rossi, con i quali si è soliti legare le viti e da cui deriva il nome
del capoluogo.
La chiesa di San Pantaleone di San Pantaleo ha un’ origine
antichissima: figura nel contratto del 6 maggio 1255, con il quale Guido
Novello dei Conti Guidi confermava le vendite precedentemente fatte ai
fiorentine e, nel 1273, nell’atto di cessione del feudo di Vinci e degli altri
contermini al Comune di Firenze.
Apparteneva originariamente alla Diocesi di Lucca, come
risulta dalla decima degli anni 1295-1304; nel 1622 ne fu staccata e trasferita
alla Diocesi di nuova istituzione, di San Miniato, alla quale appartiene
ancora.
Situata a due chilometri circa dal capoluogo del Comune, dal
lato di ponente, su di un piccolo poggiolo, a 57 m. s.l.m. è costeggiata sul
lato destro dalla strada che porta per l’Apparita al confine di Lamporecchio.
Sullo stesso lato, a poca distanza, scorre il Vincio che scende dal Montalbano
e va a confluire nel padule di Fucecchio.
Nulla si sa delle vicende architettoniche dell’antica
chiesa, probabilmente di stile romanico. E’ composta da una sola navata coperta
dal tetto a capriate, con accanto, poco piú in basso una grande Compagnia. Le
sono addossate due o tre fabbricati; in
modo tale da conferirle l’aspetto di un piccolo borgo. Intorno domina una
campagna verdeggiante e qualche colonica, con denominazioni che riportano ai
tempi antichi: Cafaggio, Pratavecchia, Quartaia, Mignattaia.
La chiesa non è piú sede della Parrocchia dagli inizi degli
anni settanta, sostituita da una chiesa piú grande e funzionale, in localitá
Apparita, sempre nel Comune di Vinci, dove si formava un nuovo agglomerato e
dove veniva – da subito - trasportato il fonte battesimale e successivamente le
campane della vecchia chiesetta di campagna.
La Chiesa di San Pantaleone è stata quindi, a poco a poco,
abbandonata.
La tela dell’altare, pressoché illeggibile, una Madonna con
Sant’Antonio Abate e San Pantaleone si trova “quasi” dimenticata nella canonica
di una parrocchia vicina, mentre la Madonna “vestita” settecentesca veniva
trasferita nella chiesa dell’Ontraino, nel Comune di San Miniato. Di recente la
Curia di San Miniato ha provveduto a mettere in sicurezza l’edificio sacro,
restaurando il tetto e prospettando un piano di interventi purtroppo assai
costosi.
L’interno della Chiesa è semplice e disadorno; le mura sono
coperte da intonaco, dalle quali si intravedono, grazie a recenti saggi della
prof. Lidia Cinelli, delle note di colore che lasciano intuire la presenza di
affreschi di varie epoche e comunque successivi al XVII secolo. Dietro l’altare
il coro, certamente ricavato dall’abside originaria, dove sono state rinvenute
le tracce degli affreschi piú antichi ( forse una macchina di altare e lo
stemma di una famiglia). Un’epigrafe settecentesca sul pavimento, dal lato
destro di chi entra, vicino al gradino che immette al presbiterio, ricorda un
parroco Montanelli che si occupó di vari rifacimenti.
Sul lato sinistro della facciata è il campanile, le cui
campane sono state trasportate nella nuova chiesa, costruito come dice una
epigrafe nella sua base nel 1859 ( sette anni dopo il campanile della Chiesa di S. Croce del 1852). Sullo stesso lato,
appoggiata alla chiesa, è la ricordata Compagnia.
Su tutta la facciata è addossata un portico con la tettoia
sorretta da due colonne in laterizio, intonacate. Si accede al portico, sul
quale si apre il portale della chiesa, da una gradinata a mattoni. Da tutto
l’insieme si ha l’impressione che la chiesa sia stata rialzata per poterle sottoporre la gradinata, e che una parte
delle antiche mura sia rimasta interrata.
Davanti la chiesa, un ampio terrazzo erboso costituisce uno
dei punti di osservazioni migliori per uno sguardo di insieme al Montalbano,
lasciandoci intravedere, in mezzo ai boschi, le antiche torri del vecchio
sistema difensivo medievale, da Monsummano fino a Vitolini, e i piccoli borghi,
cosí preziosi per una corretta ricostruzione della storia di Vinci e del suo
Comune.
CATERINA E
SAN PANTALEO,
luogo e
memoria Vinciana
Il primo alito di primavera
Nato da Monte Albano
Sussurra tra i campi verdeggianti
E i morbidi colli di San Pantaleo
Ulivi si chinano verso papaveri in
fiore.
E assieme danzano, scarlatti e
argentei
Primavera è qui, Primavera in
Toscana
Tak Tarbo
da CATERINA’S SON - LEONARDO, IL
FIGLIO DI CATERINA
Dramma Musicale realizzato dalla
Katherine K. Herberger College of Fine Arts
della Arizona State University
(U.S.A.) , 2003
San Pantaleo è passato alla storia per la presenza di una
contadina di nome Caterina, madre di Leonardo Da Vinci, che visse per oltre un
trentennio nella parrocchia, precisamente nella località Campo Zeppi, accasata
ad Antonio di Piero di Andrea di Giovanni Buti, conosciuto come
l’Accattabrighe.
La storia di questa donna, di cui si ignorano le origini, è
uno dei misteri più grandi della vita di Leonardo.
Di lei non conosciamo la famiglia di origine.
Le leggende locali parlano di una provenienza da Cerreto
Guidi, come la figlia del “Boscaiolo”; altri narrano che sia originaria del
paese della nonna paterna di Leonardo, Lucia Zoso da Bacchereto. Le ultime
ricerche scientifiche sulle “impronte” di Leonardo, suggerite e promosse da
Alessandro Vezzosi, tuttavia evidenziano dei caratteri tipici delle popolazioni
orientali, che potrebbero essere stati ereditati dalla madre e che farebbero
addirittura propendere per la tesi, molto suggestiva, che fosse una “schiava”
condotta in Europa.
La storia del concepimento di Leonardo ci è pervenuta grazie
al nonno ser Antonio Da Vinci che registra la nascita avvenuta il 15 aprile
1452 ed il battesimo officiato dal potente rettore della Chiesa di Vinci, Ser
Piero di Pagneca, alla presenza di numerosi padrine e madrine. Leonardo è
figlio illegittimo, piú tardi definito anche “spurio”, di Ser Antonio Da Vinci,
unico erede della famiglia e come tale rimasto per ben 25 anni, in quanto solo
nel 1477 Ser Piero, ormai cinquantenne e al terzo matrimonio, aveva il primo
figlio legittimo, che guarda caso veniva chiamato Antonio. Della madre di
Leonardo non si sa ancora nulla, fino alla “portata” di Ser Antonio Da Vinci
del 1457, che fra le “bocche” della sua famiglia, cita Lionardo come figlio
della Caterina, donna dell’Accattabriga, nel tentativo non riuscito di ottenere
una detrazione “fiscale” (come si definirebbe oggi) di 200 fiorini per
l’ulteriore “bocca” da parte della repubblica fiorentina. Piú tardi nel 1469,
anche Ser Piero fará l’ennesimo tentativo non riuscendo comunque a computare
nel valsente la detrazione per il figlio naturale.
Tramite la figura dell’Accattabrighe sappiamo che la
Caterina si accasó a Campo Zeppi, nel popolo di San Pantaleo, dove la famiglia
Buti aveva terreni e fabbricati. Da alcune note lasciate da Leonardo nei suoi
scritti è probabile che via stato comunque un minimo contatto con la madre di
umili origini, anche se delle sorelle e del fratello non viene fatta mai
menzione.
Caterina, come hanno evidenziato studiosi illustri, viene
citata nei suoi scritti ed appunti dal figlio almeno quattro volte, lasciandoci
capire che, rimasta vedova, raggiungeva Lionardo a Milano, dove peraltro moriva
e veniva sepolta.
“ dimmi come le cose passano di
costá e se la Caterina vuole fare ( o restare)” Cod. Atlantico fogli 71 v. (
data imprecisata)
“ Catelina venne a dí 16 di luglio
1493” ( Codice Forster)
Lionardo fanciullo, ancora figlio unico dei Da Vinci, aveva
in San Pantaleo varie sorelle. La Caterina infatti sposa l’Accattabrighe, probabilmente
l’anno successivo della nascita di Leonardo, e subito ha la prima figlia,
Piera, probabilmente fra 1453/1454, successivamente Maria nel 1457, Lisabetta nel 1459, Francesco nel 1461 e Sandra
nel 1463.
Dell’Accattabrighe si pensa che prima di sposare la Caterina
abbia fatto il soldato, una tradizione di famiglia, come anche suo fratello
Giacomo e probabilmente, in seguito, anche il figlio e fratellastro di
Leonardo, Francesco, morto poi di “spingarda” a Pisa dopo il 1490, all’epoca
occupata dai fiorentini. Dal 1449 al 1451, l’Accattabrighe è fornaciaro,
prendendo in affitto una fornace di mattoni dal Convento delle Suore di San
Piero Martire di Firenze, vicino alla Fattoria che le medesime avevano in San
Bartolomeo a Streda, ovvero nel popolo confinante a San Pantaleo. Un mestiere
ed una attivitá molto presenti sul territorio vinciano, come dimostra la
presenza di un’altra fornace in Anchiano ( vedi Statuti Comunali del 1418),
vicino ai possedimenti dei Da Vinci e che peraltro accomunano l’Accattabrighe
alla famiglia Zoso, a cui apparteneva la nonna paterna, Lucia, che era
proprietaria della piú famosa fornace di Bacchereto. E’ probabile che dopo il
matrimonio con Caterina, l’Accattabriga si dedicasse esclusivamente
all’attivitá dei campi (in un atto di vendita del 1480, viene indicato come
lavoratore di terra nel popolo di San Pantaleo), seppure con uno scarso
successo, come dimostrano diversi atti di vendita di propri terreni in Campo
Zeppi e dintorni ai vari confinanti, in particolare riguardo ai Ridolfi, che
per una serie di successioni ereditarie, erano entrati in possesso dei terreni
siti in Anchiano ( l’attuale Ferrale) e in Campo Zeppi, terreni che erano stati
acquistati da Cecco di Puccio intorno al 1330, direttamente dalla famiglia
Adimari, del famoso Binduccio di Bindo, Signore di Anchiano, messa al bando dal
Comune di Firenze dopo vari tentativi di ribellione, conclusesi con una resa di
fatto dei ribelli nel 1318, ricordata negli statuti vinciani fino a tutto il XV
secolo.
Fra Anchiano e San Pantaleo, esiste pertanto un sottile filo
di congiunzione, che si richiama alla storia del paese di Vinci del XIV secolo,
prima ancora della nascita di Leonardo.
Recenti studi hanno infatti dimostrato come alcuni suoi
padrini e madrine avessero comunque avuto dei contatti con l’Accattabrighe e la
Caterina, oltre naturalmente che con la potente famiglia Da Vinci.
Il padrino, Arrigo di Giovanni, tedesco, “habitatore“
di Vinci non era altro che il fattore della famiglia Ridolfi, quella con poderi
in Campo Zeppi accanto ai Buti, alcuni dei quali rilevati anche successivamente
dallo stesso Accattabrighe. Ma certamente la persona piú vicina, sia alla
famiglia del padre che a quella successiva della madre di Leonardo, era la
prima madrina, ovvero la Monna Lisa del fu Domenico di Bertone della famiglia
Chellino o Chiellino di Sant’Amato che aveva terre in Quartaia, proprio dietro
la Chiesa di San Pantaleo, confinanti con terreni della famiglia Buti
dell’Accattabrighe.
Non solo, al tempo di Leonardo, della stessa famiglia della
Monna Lisa si ricorda un Biagio di Chiellino o Chellino, al soldo come
l’Accattabrighe per molti anni in qualità di “connestabile di fanti”, che
risulta avere acquistato pochi mesi prima della nascita di Leonardo dei terreni
a Campagliana a Vinci, lasciando intendere un cambio di stile di vita, come il
patrigno di Leonardo.
I contatti fra l’Accattabriga e la famiglia Da Vinci sono
dimostrati, costanti e frequenti, anche con Leonardo fanciullo in quel di
Vinci. Nel 1472 è l’Accattabrighe testimone di Ser Piero e del fratello
Francesco Da Vinci in un compromesso con la famiglia Luparelli di Vinci, mentre
nel 1480 è lo stesso Francesco a fare da testimone, assieme al rettore della
Chiesa di San Pantaleo, Ser Donato di Nanni Donati di San Miniato, all’Accattabrighe
per la vendita di terreno posto a Cafaggio, sempre nella parrocchia di San
Pantaleo, al nuovo fattore dei Ridolfi, non piú il padrino, Arrigo di Giovanni,
bensí Jacopo di Giovanni Giunta da Soccia. Infine l’Accattabrighe si ritrova
come testimone nel 1479 a Firenze (dove peraltro ormai alloggiava anche
Leonardo), nel popolo di Santa Trinita, al testamento di Giovanni del fu Ser
Tomme Bracci da Vinci, rogato da Ser
Piero Da Vinci, lasciando agli studiosi alquanti dubbi su tale presenza, poi
rivelatesi infondati, in considerazione ad un legato in favore di una certa
Caterina, figlia di Lorenzo di Ser Piero Calcagni da Firenze.
Tali rapporti costanti fra i Da Vinci e i Buti piú che
semplificare complicano il “mistero” dei rapporti fra la Caterina e il figlio
Lionardo e la di lui famiglia paterna.
I RETTORI
DELLA CHIESA DI SAN PANTALEO
E LA
FAMIGLIA BUTI
Grazie alle ricerche di Renzo Cianchi, conosciamo i nomi dei
rettori della Chiesa di San Pantaleone Martire che hanno assistito la Caterina
e l’Accattabrighe nel loro passaggio terreno in quel di San Pantaleo.
Ser Piero Guiducci da Vinci era rettore alla metá del
quattrocento; è colui che probabilmente ha certificato l’unione fra i due
storici personaggi. Attraverso una nota di un confine catastale, si risale
infine ad alcuni terreni che lo stesso possedeva in Vinci, in luogo detto lo
Zollaio, esattamente davanti al borgo, poco piú in alto della località
conosciuta come Lazzaretto.
Sono peró le memorie della famiglia Buti, ovvero di Caterina
e Accattabrighe a riportare alla memoria di Ser Donato di Nanni Donati da San
Miniato, rettore della Chiesa di San Pantaleo, e di suo fratello Prospero che
il 21.01.1474 sono entrambi testimoni in Campo Zeppi, del matrimonio della
Piera, primogenita legittima dei Buti, sorella quasi coetanea di Leonardo, che
andava in sposa a Biagio di Andrea di Piero del Biancho di Vinci, dimorante a
Santa Maria a Monte. Il matrimonio di Piera deve essere messo in relazione a
quello successivo, celebrato nel 1479, testimone probabilmente lo stesso
rettore ( che lo ritroviamo in un contratto di vendita di terreni da parte
dell’Accattabrighe nel 1480), fra la secondogenita Maria con Pasquino di Andrea
di Meo di Piero Vannucci “alias di larino” del popolo di Santa Maria a Faltognano.
Fra i due eventi vi è probabilmente una sostanziale
differenza, in quanto mentre il secondo è da ritenersi con dote, il primo ne
era sfornito. Questo si puó evincere anche dalla Decima del 1504 quando a Campo
Zeppi ritroviamo, ormai vedove, sia la Piera che la Lisabetta, la terzogenita,
quest’ultima con due figlie, Antonia e
Lucretia, ritornate alla casa paterna, a differenza della Maria, sposata
con dote ed ormai accasata probabilmente nel popolo di Santa Maria a
Faltognano. Morto Francesco dopo il 1490 e scomparsa la Sandra, agli inizi del
‘500 la famiglia Buti era a tale data composta esclusivamente di “bocche di
femmine”, per poi scomparire intorno al 1530.
Grazie a Leonardo e alla Caterina, donna di Accattabrighe,
tuttavia la vicenda umana dei componenti della famiglia Buti è giunta fino a
noi.
LA FESTA DI SAN PANTALEONE E GLI
STATUTI DEL COMUNE DI VINCI
San Pantaleone Martire, patrono del popolo di San Pantaleo,
sarebbe morto nel 303. Secondo la passio (legata soprattutto alla leggenda) era
un cristiano, medico personale del Cesare Galerio, ed avrebbe subito il
martirio durante le persecuzioni di Diocleziano: patrono dei medici ( insieme a
santi Cosma e Damiano condivide il modello martoriale e taumaturgico di santi
medici “anargiri”) e delle ostetriche. E’ ricordato per avere dato tutti i suoi
averi ai servi ed esercitato la medicina nel nome di Dio in modo gratuito
suscitando l’invidia della venale medicina pagana. Il suo emblema è la palma.
L’etimologia del nome deriva dal greco (Pantaleémon) e significa “interamente
leone, forte in tutto”, anche se la leggenda del santo narra che nel momento
della sua condanna a morte, mentre i carnefici chiedono perdono, una voce
dall’alto cambia il nome del giovane “ Non ti chiamerai piú Pantoleon, ma il
tuo nome sará Pantaleémon, perché avrai compassione di molti: tu infatti sarai
porto per quelli sballottati dalla tempesta, rifugio degli afflitti, protettore
degli oppressi, medico dei malati e persecutore dei demoni”. Colpito a
morte, continua la storia, dalla sua ferita esce sangue misto a latte, mentre
l’albero al quale Pantaleone venne legato si carica di frutti.
Il dí di San Pantaleone é ricordato negli Statuti del Comune
di Vinci fin dal 1418 (Rubrica 18) e ripreso in quella del 1564 (Rubrica 13)
come feria ovvero festa riconosciuta di un popolo del Comune, collocandola nel
calendario al 27 luglio ( il dies natalis, secondo le coordinate agiografiche),
per cui nei due giorni prima e dopo la festa il popolo di San Pantaleo aveva la
possibilitá di macellare oppure consumare il vino con il pagamento di una
minore “gabella” al Comune di Firenze. In tale periodo erano sospese per il
popolo di San Pantaleo le attivitá giurisdizionali del Podestá. Tutto ció a
significare l’importanza della ricorrenza, molto probabilmente un’occasione per
il ritorno alla casa di origine dei familiari che per varie vicissitudini erano
andati a vivere altrove.
In effetti il popolo di San Pantaleo era uno dei piú
consistenti del Comune di Vinci, esattamente per numero di residenti censiti (
274) il terzo nel 1551 ( dopo Vinci e Vitolini) il quarto (398) nel 1745,
seppure quasi identico come consistenza a Vinci (575), Spicchio (572), Vitolini
( 411), crescendo come unitá fino al 1842 (546), con una dimensione pressappoco
simile a quella di Vitolini.
Fra le famiglie di San Pantaleo presenti al tempo di
Leonardo e ancora oggi residenti nel popolo si deve ricordare la famiglia
“Cipolini”, come giá evidenziato da Renzo Cianchi nei suoi studi, un cognome
nato dall’uso di “vocare” o meglio soprannominare le persone del posto, di cui
recentemente è stato sicuramente rinvenuto presso alcuni documenti conservati
nell’Archivio di Stato di Pistoia il nome del capostipite in un certo “Andrea
d’Antonio di Giovansimone decto Cipolino”, vissuto nella metá del XV secolo.
Della famiglia si ricorda anche un Prete Benedetto di Piero
Cipollini da Vinci vissuto alla fine del XVI secolo (1580).
Una nota di colore finale: piú recentemente, anche per una
coincidenza inevitabile con l’ottocentesca fiera comunale, la festa patronale
probabilmente veniva anticipata nella prima settimana di maggio e fatta coincidere con un periodo dell’anno,
in cui la zona di San Pantaleo, era ricca ed abbondante di carciofi.
Bibliografia essenziale
E. Repetti DIZIONARIO
GEOGRAFICO FISICO STORICO DELLA TOSCANA, Firenze 1833, alla voce Vinci
R. Cianchi RICERCHE E DOCUMENTI SULLA MADRE DI LEONARDO,
Giunti, 1975
A. Vezzosi IL SIGILLO DEI VINCI, Vinci, 1989
A. Vezzosi LEONARDO DA VINCI ARTE E SCIENZA DELL’UNIVERSO ,
Electa,1996
A. Vezzosi – A. Sabato LEONARDO MITO E VERITA’ , Vinci, 2006
M. Bruschi “La fede battesimale di Leonardo. Ricerche in
corso e altri documenti: Vinci e Anchiano”, Giunti, 1997
M. Bruschi “ Confini Leonardiani” , Pistoia, 2007
L. Bartolesi – M. Marchetta – A. Pretelli e A. Vezzosi
VINCI, in Bollettino degli ingegneri, Firenze, 1980, n. 3.
Leonardo e Caterina
(Caterin a’s Son –
Arizona State University, 2003)
nel dí
di San Pantaleone Martire, 2007
a cura di NICOLA
BARONTI
premessa
al PROGETTO DI INIZIATIVA E
PROMOZIONE CULTURALE
SAN PANTALEO E CATERINA
per il Comitato Dama di Bacco 2007,
l’ Associazione Culturale TerraFelix
e il Museo Ideale
Leonardo Da Vinci