I SANTI "VECCHI"
DI VINCI
STORIA DELLE
ORIGINI DELLE FESTIVITA' PATRONALI
(XIV-XVI SEC.) (*)
La ricorrenza di
Sant'Andrea, che oggi viene festeggiata nel Comune di Vinci come festa
"civile" patronale, trova un preciso riscontro nella storia della
comunità fin dal XV secolo.
Tutto ciò non deve neppure fare dimenticare l’esistenza degli antichi
protettori della comunità vinciana, le cui alterne sorti sono innegabilmente
legate alle vicende politiche e sociali della città, soprattutto in un periodo
storico ancora abbastanza oscuro. Della loro esistenza, ne abbiamo certezza
oltre da ciò che resta dei vecchi altari delle chiese locali o dai toponimi di
alcune frazioni, anche dalla lettura dei documenti dell'epoca a noi pervenuti
che, come spesso accade, in principale misura derivano da testi normativi,
destinati alla disciplina e regolamentazione della vita comunale.
Della festa di Sant'Andrea,
come di altri "vecchi" patroni, abbiamo infatti una traccia evidente
negli Statuti del Comune di Vinci. Trattandosi di documenti pubblici, il ricordo dell'avvenimento religioso è
necessariamente correlato ad aspetti della vita sociale e civile del popolo di
Vinci. Anzi, molto spesso tramite il riconoscimento "civile" della
festività religiosa di un santo protettore, il potere politico intendeva
distinguere e "riconoscere" un popolo, da intendersi come gli
appartenenti ad un ambito territoriale omogeneo più ristretto all'interno della
popolazione del Comune, talvolta collegandovi addirittura interessanti risvolti
giuridici in tema di partecipazione alla vita politica (nomina dei consiglieri
del Comune in misura proporzionale ai popoli ).
Al fine pertanto di una
opportuna ricognizione storica delle più importanti festività locali è utile ed
interessante sfogliare - seppure idealmente - il calendario civile del Comune
di Vinci, dei secoli XIV, XV e XVI, che, allora come oggi, si articolava in
giorni feriali e festivi, questi ultimi collegati o spesso coincidenti con le
principali feste della religione cristiana (Natale, Pasqua, Assunzione) oppure
le feste minori della tradizione religiosa locale, alle quali appartiene anche
la festa di S.Andrea. Nei suddetti Statuti il calendario dei giorni festivi si
ricava dalla rubrica concernente i giorni dedicati all'esercizio del potere
giudiziario, una sorta di calendario giudiziario, ricordiamo che il Comune di
Vinci era sede di una podesteria del Comune di Firenze nella quale veniva
esercitata la giurisdizione civile, ed il podestà ed il notaio vivevano
principalmente dai proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni civili.
Al fine della ricerca è
quindi necessario leggere la rubrica concernente "Delle ferie e
feriati", reiteratamente pubblicata in diverse edizioni, pur con qualche
modifica. In effetti, nella rubrica n. 13 dello Statuto del Comune di Vinci
dell'anno 1564, si specificano
dettagliatamente i giorni nei quali "per
niun modo non possa per il Podestà di Vinci, o suo offitiale, ò famiglia esser
personalmente preso per debiti di spetial persone, o'vero li suoi beni intesiti,
sequestrati o gravati nell'infrascritti giorni: cioè in nessun giorno di
Domenica, il primo dì di Gennaio per la circuncisione del Signore…. …"(1) e
così via, si omette il prosieguo trattandosi di elenco abbastanza lungo di
festività, specificate per mese, per giorno e per Santo o occasione (Pasqua,
Nunziata, Natale). Nell'elenco dei giorni "festivi" nei quali al
Podestà di Vinci, esercente la giurisdizione civile per conto del Comune di
Firenze, era inibito il potere di arresto e di pignoramento per debiti, viene
evidenziato, senza necessità di
specificazione del giorno, " il dì di Sant'Andrea protettore,
et avvocato del popolo di Vinci, con quattro dì innanzi, e quattro dì doppo";
un periodo di interdizione molto lungo, superiore addirittura a quello previsto
per la Nunziata; la "Pasqua dello Spirito Santo ", il "giorno
del corpo di Christo",
l'"Assunta di Nostra Donna", la "Natività di nostra
Donna", festività importantissime per lo stesso calendario religioso,
tutte quante però " con un giorno innanzi e uno dopo" di
interdizione.
La ricorrenza di
Sant'Andrea, definito protettore e avvocato del Popolo di Vinci, estesa
comunque a tutta la popolazione del Comune, è paragonabile per durata e,
quindi, per importanza soltanto alla "
settimana santa cominciando il sabato dell'ulivo con li tre giorni della Pasqua"
o alla festa di San Giovanni Battista, patrono del Comune di Firenze e
precedentemente, come si vedrà, di Vinci.
Preme evidenziare che fra i
Santi ricordati nei "festivi", molti dei quali ancora oggi
raffigurati nelle pale conservate nella chiesa di Vinci, si distinguono quelli
venerati presso alcuni popoli appartenenti al Comune, ai quali veniva
riconosciuto - in questo caso però al popolo e non alla popolazione del Comune
- un giorno in più di beneficio. Tali popoli si individuano ancora oggi con il
nome a cui viene intestata la chiesa o una cappella votiva, si ricorda San
Donato, San Lorenzo, San Bartolomeo, Santa Lucia (il cui popolo godeva
addirittura di due giorni di beneficio).
Fra tali festivi viene ricordata anche "allì quattordici di settembre la esaltazione della Croce",
senza però ulteriori giorni di interdizione, a significare pertanto di una
importanza minore presso la collettività, ed il 10 dicembre definita
come Sagra della chiesa di Vinci (forse la vecchia data di consacrazione
?). Fra la festività dell'otto per la Natività della Vergine ed del quattordici
settembre per la S.Croce, viene interposto un inciso, " per il titolo della cappella del
Comune", causato forse dall'apposizione successiva di una nuova
punteggiatura, che lascia alquanto dubitare se si tratti di un nuovo giorno
festivo intermedio oppure si deve riferire ad una delle altre due ricorrenze,
molto probabilmente alla seconda, considerato che la chiesa di S. Croce viene
citata più volte anche nei testi trecenteschi.
Dal raffronto con l'analoga
rubrica dello Statuto del Comune di Vinci dell'anno 1418, in verità, non si ha
un calendario così dettagliato di "festivi", anche perché molti si
individuano per relazione. Oltre alle più importanti festività che si
richiamano alla tradizione cristiana, spiccano ancora quelle per S.Giovanni
Battista, S.Pantaleo, S.Lucia e con un
semplice generico rinvio quelle connesse al culto mariano e degli apostoli ed
evangelisti. Non viene pertanto specificato ed evidenziato, come nel secolo successivo, il dì di S.
Andrea, quale protettore ed avvocato del Popolo di Vinci, anzi
nell'invocazione introduttiva dello Statuto (proemio) si richiama genericamente
alla "beata Vergine Maria et dei beati
apostoli, Piero et Andrea et S.Giovanni protectore e defensore del Comune di
Vinci" (2)
Ad ogni buon conto,
l'importanza di tali ricorrenze si evidenzia ancora in ragione della sanzione
che veniva applicata nei confronti di coloro che la violavano, siano essi il
Podestà, il suo notaio, la sua famiglia o il suo messo. Lo Statuto del 1418
prevede " sello facesse chaggia in
pena per ciascheduna volta esso Podestà di lire dieci di denari piccioli da
essergli tolti per li sindachi che lui sindicheranno e del suo salario ritenute
e per li detti sindici essere condepnato. Et non di meno tale staggimento o
chaptura o pegnoratione sia nulla e di niuna potentia o valore" (3).
Tale raffronto evidenzia
pertanto come soltanto nel XVI secolo la ricorrenza di Sant'Andrea avesse
assunto connotati "patronali" ben precisi e rilevanti per la comunità
di Vinci, stante il riconoscimento "civile" dello statutario del
Comune.
Si deve osservare, grazie ad
alcuni recenti studi, che sempre nello stesso periodo, la chiesa di Vinci
inizia ad essere specificatamente individuata con il titolo di S. Andrea, anche
in occasione di alcune visite pastorali del Vescovo di Pistoia ("ecclesia S. Andree et S.Crucis de Vincio"
del 1505; "ecclesia S.Andree de
Vincio" del 1561), seppure talvolta nell'uso comune prevalga la
vecchia intitolazione alla S. Croce (vedi la relazione della visita pastorale
del Vescovo Giovanni Vivenzi del 3 maggio 1372, nonché la Riforma dello Statuto
del 1396, ove la chiesa si S. Croce risulta essere - fra l'altro - anche un
luogo di riunione) (4)..
Il culto di S. Andrea
risulta comunque diffuso e radicato anche in tutto il Valdarno, accomunando
ancora oggi per i festeggiamenti patronali i "popoli" di Vinci (5),
Empoli e Montespertoli, rinvenendo nella cultura popolare e contadina modi di
dire, tradizioni appartenenti al mondo della terra ed usanze, come quella -
conosciuta anche in altri paesi - legata al rinvenimento di cose nascoste e
tesori particolari, proprio nella notte del 30 novembre, tramite la preghiera
ed l'intercessione del Santo
Molto suggestiva al riguardo
la nota del più famoso vinciarese del tempo, Leonardo da Vinci, che scrive in
un suo diario che " La notte di
Sancto Andre(a) trovai al fine la quadratura del cerchio. E in fine del
lume e della notte e della carta dove scrivevo, fu concluso. Al fin dell'ora
(6).
Per meglio comprendere la
nota dello statutario del XVI secolo è opportuno approfondire le denominazioni
con le quali si viene ad appellare tale Santo, protettore ed avvocato del
Popolo di Vinci.
La ricorrenza di Sant'Andrea
deve così essere messa in relazione con un'altra, ricordata e minuziosamente
regolata in tutti gli Statuti del
Comune fin dal 1418, ovvero la festa dei Santi Giovanni Battista e Giovanni
Evangelista, quest'ultimo qualificato invece nel 1564 come solo
"avvocato del Comune", senza più il titolo di protettore.
In verità, con tale edizione
cinquecentesca, anche a livello di intitolazione della rubrica statutaria, si
compie definitivamente una piccola e importante inversione di ruoli: per il
legislatore dell'epoca la devozione per S.Giovanni Evangelista avrebbe ormai surclassato quella per S. Giovanni Battista, che negli Statuti
comunali precedenti ed, in particolare come risulta dalle riforme del 1382 (7)
e del 1396 (8) all'originario corpo statutario - a noi
purtroppo non pervenuto - che il Comune di Firenze impose a Vinci nel 1318 (9),
veniva indicato come unico "patroni
et protectoris communis Vinciii", mutuando probabilmente tale
"ruolo" direttamente dal Comune di Firenze, nel cui contado e dominio
si trovava il popolo di Vinci.
Dalla minuziosa descrizione
della cerimonia civile e religiosa contenuta nei vari Statuti si possono
comunque evincere spunti interessanti, pertanto si ritiene necessario
trascrivere fedelmente la rubrica n. 21 dello Statuto del Comune di Vinci del
1564 (10), pressochè identica alla rubrica n.51 dello Statuto del 1418 (11):
" Anchora a reverentia dell'omnipotente Dio, e della gloriosa vergine
Maria, e di San Giovanni Battista, e di
San Giovanni Evangelista ordinorno, e statuirno li detti statutarii
che ciascun'anno del mese di Dicembre in perpetuo si faccia, e far si debba, la
festa di essi santi in questo modo cioè che il giorno della festa di San
Giovanni Evangelista del mese predetto, possino, e sieno tenuti i Capitani, et
i Camarlinghi del Comune predetto, per vinculo del loro giuramento fare, e
curare si, et in tal modo, che loro habbino dieci preti, almeno se à loro
possibile, i quali la mattina di San Giovanni Evangelista ciascuno di loro celebri
la messa nella chiesa di Santa Croce di Vinci, et all'altare di San Giovanni
predetto, e si dica una messa cantando, et innanzi la messa si face per il Cancelliere di detto Comune
la rassegna di ciascun Consigliere, Camarlingo, e Capitani; et a chi à detta
rassegna non sarà s'intenda caduto esso fatto, e senza altra dichiaratione in
pena di soldi dieci, la qual pena si debba mettere per detto Cancilliere per
entrata al Camarlingo di detto comune; et se alcuno dei predetti avessi
legittima causa, gli sia ammesso; et dipoi fatta detta rassegna, si debba per
il prete della chiesa porre la croce in mano à uno, et uno di detti preti sia
parato, et un diacano et uno soddiacano, e poi uscir fuora della detta chiesa
con tutti li preti, e ciascun altro prete habbia la cotta in dosso, e sequente
loro il Podestà,e suo notaio quandi che voglino esservi; et con esso Podestà
sieno li capitani, notaio del Comune, e susseguenti i dodici Consiglieri; et à
esso Podestà sia posto in mano una falcola di cera gialla di peso d'once sei,
et al suo Notaio, e Capitani e Notai del Comune una di once tre per ciascuno,
el simile al prete di essa chiesa, et à ciascun'altro prete e Consigliere una
di once una; et usciti fuora nel detto modo sempre laudando Dio con detta cera
in mano accesa si vadia a processione infin alla Vergine di Borgo; e tornati si
canti la messa; come è usitato, alla qual messa si debba tenere accesa detta
cera; cioè quando si canta l'evangelio e si mostra il corpo di Christo; e di
poi finita la detta messa, la detta cera si debba offerrire alla compagnia del
corpo di Christo per accompagnare il sacramento in tutte l'occorrentie per
essere detta compagnia povera; e senza entrate, eccentuando la cera, che serve
all'altare, cioè sei falcole sieno, le quali sieno e rimanghino al prete di
detta chiesa; et che detta cera in tutta sia, et abscenda alla somma di libbre
cinque e mezzo al più, la quale si debba comprare dal Camarlingo della pecunia
di detto Comune, senza suo preiuditio e danno; et debbasi esser messa a uscita
per il cancelliere di detto Comune, senza altro stantiamento, e cantato la
detta messa il Camarlingo sia tenuto e debba pagare a essi preti la loro solita
elemosina, cioè al prete della detta chiesa soldi tredici e denari quattro; a
quello, che celebra la messa cantando soldi otto, et alli altri preti soldi
sei, e denari otto per ciascuno, et ogni cherico soldi uno, e tutto quello, che
per detto camarlingo si spenderà per talconto li debba esser messo a uscita per
detto cancelliere, come di sopra è detto.
Inoltre statuirno, che detto Camarlingo possa, e
debba spendere infino alla somma di lire quindici al più della pecunia del
Comune senza suo preiuditio, e danno per fare una coletione a essi preti,
Capitani, Cancelliere e Camarlingo come s'è abantiquo osservato. Et inoltre
perche molte volte occorre, che quelli, che sono del consiglio sono discosto
miglio uno, o più dal castello di Vinci, dove si fa tal commemorazione,
però da questa, e da altre cause mossi, ordinorno, che il Camarlingo predetto
sia tenuto, et obbligato dare a detti Consiglieri quattro fiaschi di vino, e
dodici pani d'una libbra l'una; acciò possino fare tal coletione insieme; et
che quello che spenderà per detto conto li debba esser messo a uscita, come di
sopra è detto, e si come s'è usato abantiquo, e piu non si possa spendere per
alcun modo; et se più spenderà intendasi haver speso di suo, e cosi ordinorno
doversi fare et osservar" (10)
Rispetto agli Statuti più
antichi, il cerimoniale presenta alcune minime, ma interessanti, varianti soprattutto
se rapportato al testo del 1418.
Assai diverso appare il
"senso" del percorso della processione e della cerimonia conclusiva:
"Et usciti fuori nel
detto modo sempre vadino lodando e ringratiando iddio omnipotente nel
palagio della habitatione d'esso Podestà, Et nella sala d'esso palagio
innanzi alla immagine della nostra gloriosa Vergine Maria et d'essi sancti
ponghino i detti torchietti et candele così accese; Et ivi si dica e ricanti
una messa solepnemente cantando Et per lo Camarlingo generale d'esso comune
sia dato in mano a ciascuno che presente sarà uno quactrino. A tutti quegli
sarà dato torchietti et a ogni altro uno danaio per offerere. Et detta la detta
messa il predetto Camarlingo sia tenuto et debba dare a essi Consiglieri
quattro mezzi quarti di vino et octo pani per fare collactione insieme"
(11)
I preti, oltre a "bene et convenevolmente et disinato
" avranno un pagamento in "grossi
in ariento". Anche nel XV secolo vi era la preoccupazione di non
superare una certa spesa evidenziando l'impossibilità per il Comune ed i vari
amministratori di ulteriori stanziamenti. Anzi si prevedevano sanzioni: "Et ciascun Capitano o Consigliere che
aringhasse o dicesse o fava nera o biancha mettesse che oltra la detta quantità
di lire quactordici piccioli si spendesse sia punito et condepnato per esso
Podestà in lire cinque" (11).
Curiosa infine la
preoccupazione degli statutarii che " niuno huomo et persona d'esso Comune, di qualunque stato o conditione
si sia, ardisca desinare o mangiare con essi preti a pena di soldi venti per
ciascuno, da essere punito et condepnato di facto per esso Podestà et abbia la
metà come detto di sopra, salvo ed
excepto che licito sia et sanza pena a essi Capitani et Camarlingo desinare et
mangiare con essi preti"(11).
Al termine della cerimonia,
per la cera residua e destinata ad esser di nuovo fusa, si disponeva una paritaria distribuzione fra il prete e l'"opera dessa
chiesa" (forse l'antesignana della Compagnia del Corpus Domini, istituita
nel 1542, riconosciuta dal vescovo nel 1578) (12).
Il raffronto fra i due testi
evidenzia per la festa dei "Santi Giovanni" alcuni aspetti peculiari,
che tradiscono l'origine della tradizione.
Si tratta di una festa della
Castellania e, dal 1372, della Podesteria di Vinci indotta e, probabilmente,
imposta, al pari del primo Statuto del 1318, dall'appartenenza del territorio
al Comune di Firenze; non è un caso che nella festa del S. Giovanni Evangelista
si associ il San Giovanni Battista, patrono del Comune di Firenze e di Vinci,
almeno per tutto il 1300, stando alle due revisioni trecentesche del 1382 (7) e
del 1396 (8) dello Statuto originario del 1318. Si ricorda che San Giovanni
Battista era considerato il “simbolo della rettitudine morale e della
correttezza politica”, su cui Firenze medievale aspirava a fondare la propria
fortuna economica ed il “buon governo” della cosa pubblica. Nelle vicinanze di
Vinci, del resto, anche l'antica Pieve di
S.Ansano, menzionata già nel diploma di Ottone III del 25.8.997, era
intitolata a S.Giovanni Battista (13) e la stessa Pieve di S.Giovanni in Greti
è ricordata insieme alla chiesa di S.Croce di Vinci, quale sua suffraganea,
nella decima ecclesiastica del 1274-1280, indette dal papa Gregorio X per le
cose di Terrasanta (14).
Le storie dei Santi
Protettori pertanto inevitabilmente si vengono ad intrecciare con la storia
politica e sociale del paese.
Non pare pertanto
sufficiente a giustificare la Festa dei Santi Giovanni l'associazione che
poteva derivare, almeno fino alla metà del quattrocento, dalla particolare
immagine posta "nell'habitatione del
palagio" del Podestà di Vinci, che raffigurava la Vergine in mezzo ai
due suddetti Santi; una raffigurazione del resto probabilmente molto simile a
quella di Vinci si può osservare ancora oggi in un affresco coevo della vicina
podesteria di Montelupo Fiorentino e guarda caso tale comune si trova tuttora
sotto il patronato di San Giovanni Evangelista. Tale immagine vinciana venne
invece ben presto sostituita come punto di riferimento per la processione
cinquecentesca dalla Vergine del Borgo.
L’associazione dei due Santi
Giovanni è comunque una tipica espressione del culto cristiano medievale.
Si ricorda, a titolo di
esempio, l’intitolazione della Basilica dei Santi Giovanni in Laterano (oggi
impropriamente chiamata San Giovanni)
attribuibile addirittura a San Gregorio Magno (590-604 d.c.), in virtù
probabilmente della conservazione delle reliquie dei due santi nella suddetta
basilica. Tuttavia vi sono altri suggestive ipotesi per giustificare tale
associazione, con interessanti risvolti simbolici e quasi didascalici,
considerato anche il periodo storico. La data di ricorrenza delle due festività
è infatti quasi coincidente con due eventi naturali particolari ovvero i due
solstizi di inverno e d’estate, ovvero il giorno più corto e più lungo
dell’anno, quasi ad indicare il
percorso della Luce, rappresentata dalla venuta del Cristo Salvatore ; un San
Giovanni è il precursore del Cristo, l’altro è il discepolo prediletto, nonché
l’ultimo evangelista e il presunto autore dell’Apocalissi, l’ultimo libro dei
Vangeli.
Appare inoltre assumere una qualche rilevanza una precedente
suddivisione del popolo di Vinci, almeno fino al XIV secolo, in due
"fazioni" nemiche, abbastanza facinorose , denominate rispettivamente
di "Sancti Joahnnis " e di "Sanctae Crucis", non molto
pacifiche fra di loro,in quanto portatrici di “scandala et rancores ac odia manifesta et occulta” al punto tale da
giustificare il deciso intervento dello statutario di cui alla revisione dello
Statuto di Vinci del 1396 (15). Sarebbe interessante conoscere i motivi di tale
reciproco astio e soprattutto perché riferirla a due immagini sacre,
sicuramente venerate dagli appartenenti ai due schieramenti; certamente la
Santa Croce richiama all’intitolazione della cappella del vecchio castello di
Vinci di proprietà dei Conti Guidi, ma il San Giovanni si deve riferire, anche
da un punto di vista toponomastico come in uso all’epoca, alle persone abitanti
fuori del castello o dipendenti dalla pieve di S. Giovanni Battista in quel di
Sant’Ansano oppure alle nuove genti fiorentine, storicamente identificabili nel
San Giovanni, che con la cessione “bonaria” del borgo da parte dei Conti Guidi
a Firenze, a poco a poco venivano ad “invadere” il territorio del Montalbano e
a fare qui i loro affari ?.
Ciò che emerge dalla lettura
del testo del 1418 è infatti che la festa dei "Santi Giovanni" non è
propriamente una festa del "popolo", nel senso attuale del termine.
Le sanzioni comminate a
coloro che osavano desinare, non invitati (oggi si chiamerebbero "i
portoghesi"), al tavolo dei preti e dei consiglieri, lasciano seriamente
dubitare che si tratti anche di una cerimonia religiosa di devozione popolare,
ma piuttosto di una messa "privata", ordinata e pagata dalla
consorteria comunale, come si deduce dal luogo della cerimonia conclusiva, la
messa cantata, presso il "palagio
della habitatione d'esso Potestà et nella sala d'esso palagio".
Alle origini, con la festa
di San Giovanni, la Podesteria di Vinci intendeva pertanto ribadire la
legittimità del proprio potere sul territorio, richiamandosi all'intercessione
di S.Giovanni Battista, patrono del
dominante Comune di Firenze, dal quale di fatto discendevano il potere e
l'autorità del Podestà e del Notaio di Vinci.
La festa dei Santi Giovanni
di cui allo Statuto di Vinci si può pertanto inserire in quelle serie di
pratiche devozionali - comuni a molte
città toscane (Firenze, Pisa, Siena) con il progressivo consolidarsi dell'istituto
comunale - spesso regolate da un rigido e gerarchico rituale, che i gruppi di
governo usavano imporre agli abitanti al fine di offrire la rappresentazione di
un organismo cittadino armonicamente raccolto e sottomesso al patrono e
all'autorità governativa da lui legittimata. Firenze naturalmente non poteva
che fare scuola all'interno del proprio contado. E così come per S.Giovanni
Battista a Firenze, anche a Vinci, seppure in modo meno complesso e con le
debite proporzioni, la festa "patronale" veniva articolata in una
processione, nella quale tutti i corpi cittadini giuridicamente riconosciuti
sfilavano, disposti in un ordine altamente significante poiché doveva
riprodurre visivamente i rapporti di
status tra i partecipanti, come del resto dimostrano i ceri di diverso peso e
foggia dai medesimi offerti (16).
A Vinci, fin dall'inizio del
XV secolo, questo particolare patrono viene ricordato nel giorno e unitamente a
S. Giovanni Evangelista (27 dicembre), generando così una confusione fra date e
santi, che alla fine condurrà l'Evangelista ad assumere, prima, il titolo di
protettore ed, infine nel cinquecento, quello di "solo" avvocato del
Comune, probabilmente in virtù di una mera ritualità, svuotata ormai
dell'originaria valenza politica e sociale.
Tutto ciò si può comprendere
dal modo e dalle espressioni usate dallo statutario del cinquecento che parla
ormai di una "commemorazione",
a sancire un rito ed una offerta "abantiquo",
dimenticando addirittura che nel primo Statuto del 1318 il santo protettore del
Comune era semmai il Battista e non l'Evangelista. Del resto, per la Podesteria
di Vinci sarebbe stato assai difficile festeggiare il Battista il 24 giugno,
quando in tal giorno presumibilmente le massime cariche del Comune, di nomina
strettamente fiorentina, si sarebbero dovute recare dal contado al capoluogo
per la processione e gli omaggi rituali, in particolare la donazione dei ceri,
in questo caso grossi ceri di legname variopinti offerti dalla terre sottomesse
che rimanevano conservati come ornamento nel Battistero fino alla successiva festa
patronale (16).
E' pertanto assai
significativo che lo statutario cinquecentesco citi in altra rubrica dello
Statuto il dì di Sant'Andrea, evidenziando - per la prima volta - la
denominazione di "protettore" del popolo di Vinci, ovvero la festa
nella quale si identificava la comunità più importante del Comune, con tutti i
suoi correlativi valori e significati. Anzi, tutto ciò spiegherebbe il
preambolo allo Statuto del 1418 in cui lo statutario chiede e invoca la
protezione dalla beata Vergine Maria e
dei beati apostoli, Piero (ovvero Pietro) e Andrea e S.Giovanni
"defenditore del Comune di Vinci"e con il quale implicitamente
riconosce - con pari dignità - i santi protettori dei tre principali popoli che
componevano allora il Comune, nell'ordine Faltognano (Vergine Maria), Vitolini
(S.Pietro), Vinci (S.Andrea), unitamente a quello espressione della dominante
(S.Giovanni).
Al fine di giustificare la
commemorazione - "abantiquo" - della festa dei Santi Giovanni, si
comprenderebbe pertanto anche la particolare denominazione di
"avvocati" usata per entrambi i Patroni, intesi come mediatori o
intercessori, secondo la dottrina cristiana, per la protezione e benedizione
dell'onnipotente Iddio; da una parte il popolo, gli abitanti di Vinci, dall'altro
gli amministratori, sotto il controllo del Comune di Firenze, sia gli uni che
gli altri accomunati dal bisogno dell'intercessione divina, seppure per
finalità distinte e non soltanto religiose.
Suggestiva, pur non
essendocene traccia negli Statuti, potrebbe essere infine l'ipotesi per cui
la ricorrenza e la festa dell'Esaltazione della S. Croce, alla quale
probabilmente era intitolata la Cappella del Castello (vedi testo del 1564),
sia addirittura più antica, caduta in qualche modo "in disgrazia" con
l'annessione del Castello nel Comune di Firenze. Vinci infatti gravitò, almeno
finché fu soggetta ai conti Guidi, nell'orbita politica di Pistoia, città nella
quale i signori di Vinci avevano molteplici interessi, tanto che, nel 1148, la
popolazione giurò di prestare aiuto a Pistoia in ogni guerra, tranne i casi in
cui quest'ultima avesse rivolto la propria ostilità contro il conte Guido,
padrone di Vinci. (17) Si trattava
pertanto di un'alleanza stipulata in chiave evidentemente ostile a
Firenze, al punto tale da giustificare un successivo eventuale
"oblio" dello statutario per i "vecchi" santi patroni. In tal senso, può assumere rilevanza anche
l'intervento del riformatore del 1396 teso ad inibire proprio l'uso
dell'appellativo di S.Croce e di S. Giovanni (probabilmente il Battista) per distinguere le due fazioni del popolo,
al fine di sedare ogni "scandala et
rancores ac odia manifesta et occulta" (15), portando così, fin dallo Statuto del 1418
all'individuazione del popolo di Vinci sotto il nome di Sant'Andrea e, correlativamente,
al maggiore favore riservato alla figura del San Giovanni Evangelista, quale
"defensore" del Comune.
D'altro canto, quanto si
parla di Cappella del Comune intitolata alla Santa Croce (testo del 1564), se
alcuni studiosi hanno individuato nell'attuale Chiesa Parrocchiale il luogo in
cui sorgeva quella "ecclesia de
castello Vinci" ricordata
nell'atto di vendita del 6.5.1254 del Castello di Vinci da parte dei
Conti Guidi al Comune di Firenze (18); resta tutto quanto da verificare se si
trattasse ancora di quella originaria "cappella de Vincio",
riconosciuta al vescovo di Pistoia dalla bolla di Pasquale II del 14.12.1105
(4); oppure di quel luogo (potrebbe essere proprio una piccola cappella),
all'interno del palagio del Podestà, in cui almeno fino al 1418 era conservata
una immagine della Vergine con i S.Giovanni Battista ed Evangelista
Vinci,
13 dicembre 2002 ( nel dí di Santa Lucia)
NICOLA BARONTI - GIOVANNI LEPORATTI
(*) Ricerca commissionata dalla PROLOCOVINCI
per la Festa di S.Andrea 2002
Note
(1)
Cfr.
Archivio Storico del Comune di Vinci - Statuto del Comune di Vinci del 1564;
Rubr. 13 cc VI recto, VI verso
(2)
Cfr.Archivio
di Stato Firenze, Statuti Comunità Soggette, 935, Statuti di Vinci del 1418;
preambolo c.1verso
(3)
Cfr.Archivio
di Stato Firenze, Statuti Comunità Soggette, 935, Statuti di Vinci del 1418;
Rubrica 18 cc. 9 recto
(4)
Cfr.
E. SARLI : Itinerario storico fra le
chiese della Diocesi di Pistoia - " Leonardo e la chiesa",
da VITA CATTOLICA del 1.3.1998, inserto pg.II
(5)
La ricorrenza di S. Andrea, quale protettore
e avvocato del popolo di Vinci, veniva di nuovo valorizzata nel secolo scorso,
con conseguente pieno riconoscimento anche a livello civile, in occasione della
riapertura al culto e della riconsacrazione da parte del Vescovo di Pistoia e
di Prato, Mons. Bernardi della vecchia Chiesa Parrocchiale, ricostruita ex novo
negli anni 1929-1935, avvenuta proprio il dì di Sant'Andrea del 1935, dando
nuovo significato e valore alla festa patronale (cfr.: FRANCESCO CIANCHI: Vinci, le sue Chiese e le sue Croci,
pubblicato dalla Parrocchia di Vinci nei primi anni novanta, pag.6).
(6)
Cfr.
Scritti Letterari di Leonardo da Vinci, a cura di A. Marinoni -
Einaudi, 1974, pag.82
(7)
Cfr.Archivio
di Stato Firenze, Statuti Comunità Soggette, 935, Statuti di Vinci del 1382;
preambolo c.76 recto
(8)
Cfr.Archivio
di Stato Firenze, Statuti Comunità Soggette, 935, Statuti di Vinci del 1396;
preambolo c.100 recto
(9)
Cfr.
SCIPIONE AMMIRATO, Istorie Fiorentine,
Firenze, 1846-49, Libro V, pg.57
(10)
Cfr.
Cfr. Archivio Storico del Comune di Vinci - Statuto del Comune di Vinci del
1564; Rubr. 21 cc VIIII verso, X recto,
(11)
Cfr.
Archivio di Stato Firenze, Statuti Comunità Soggette, 935, Statuti di Vinci del
1418; Rubrica 51 cc. 29 verso 32 recto
(12)
Cfr.
S.CIAPPI, S.CIPOLLINI, L.PALANDRI,. E. FERRETTI " I Segni del Sacro",
Campi Bisenzio,2000, pag.13 ss
(13)
La
figura del Battista era riportata anche nel sigillo trecentesco della Pieve
"Sigillum Plebis Santi Iohannis Batiste De Greti. Cfr." ALESSANDRO
VEZZOSI: Il sigillo dei Vinci, Vinci,
1989 pag.41
(14)
Cfr.
FRANCESCO CIANCHI: Vinci, le sue Chiese e
le sue Croci, pubblicato dalla Parrocchia di Vinci nei primi anni novanta,
pag.2
(15)
Cfr,
Cfr.Archivio di Stato Firenze, Statuti Comunità Soggette, 935, Statuti di Vinci
del 1396; c.104 recto :" Item
reformatores praedicti informati que in dictis communis Vinci sunt divisiones
partes et sette et que una partes vocatur partes Sancti Joahnnis et alias
partes vocatur partes Santa Crucis et que scandala et rancores ac odia
manifesta et occulta inter hominum dicti communis originantur et originari
possint et valentes que melius potuerunt tale remobere et dictis hominenm ad
concordiam reducere maximamente possint providerunt ordinaverunt et
deliberaverunt que aliqua personam cuiuscumque conditionis existat non possit
nec debeat aliquo modo vel causa dicere nominare proferire aut palesam vel
secrete recordarj aliquod partem vel septam aut sanctum Johannem vel sanctam
crucem sub titulo partis"
(16)
Cfr.
PAOLA VENTRONE: "Feste, Apparati, Spettacoli" in STORIA DELLA
CIVILTA' TOSCANA, Firenze, 2000, pag.406 e ss.
(17)
Cfr.
Archivio Stato di Firenze , Capitoli di
Pistoia, luglio 1148; R. DAVIDSOHN, La
Storia di Firenze, [1896-1927], trad. it., Firenze, 1972, vol. I, p. 656
(18)
Cfr.
GRAZIELLA VEZZOSI - ANDREA CASTELLANI, Vinci di Leonardo, Firenze, 1995, pag.52